Inside Out, il film d’animazione vincitore dell’Academy Award 2016, ha illustrato in modo eccellente la misura in cui le nostre emozioni – in questo caso, Gioia, Rabbia, Tristezza e Paura personificate – gestiscano per noi ogni singolo momento della giornata. Queste emozioni, e i loro numerosi amici (come la Gelosia, la Preoccupazione e la Noia, per citarne alcuni), popolano un normale ma ampio spettro di emozioni e – come si vede nel film – ognuna di esse serve a uno scopo differente.
Eppure, a volte, le nostre emozioni possono scatenare comportamenti problematici – come il mangiare in modo sbagliato, l’”automedicarsi” con alcol o droghe, l’evitamento di determinate situazioni o pensieri problematici. Queste emozioni possono intensificare la sensazione iniziale e creare potenzialmente una trappola da cui è difficile fuggire.
Poiché la mente e il corpo sono collegati, le emozioni hanno un impatto anche fisico.
L’eccitazione o l’ansia possono portare a difficoltà ad addormentarsi o a rimanere addormentati. La tristezza può ridurre l’appetito o, per alcune persone, aumentarlo. L’ansia può portare a diverse forme di disagio gastrointestinale persistente (ad esempio, nausea e diarrea), e la rabbia è talvolta associata a mal di testa o a tensione muscolare.
Il rapporto tra emozioni e sintomi mentali o fisici può essere piuttosto idiosincratico. La connessione tra il mangiare e le emozioni è ben conosciuta, ma essa può anche manifestarsi in modo diverso in persone diverse.
Mangiare come risposta alle emozioni
Il mangiare come risposta ad un’emozione rappresenta una risposta ad un’emozione o ad uno stato d’animo negativo. Alcune persone mangiano quando sono tristi, frustrate, nervose, arrabbiate, senza speranza o mentalmente stanche. Mangiare quando ci si annoia è un altro fenomeno relativamente comune. Questo modo di alimentarsi non sazia la fame e può verificarsi anche in completa assenza di fame.
In contrasto con la fame fisica, la fame emotiva:
Si presenta all’improvviso
Comporta desideri molto forti, apparentemente insaziabili
Porta alla ricerca di un determinato gusto (tipicamente carboidrati o dolciumi)
Persistono nonostante lo stomaco sia pieno
Fa sentire la persona in colpa o la fa vergognare
Quando il mangiare emotivamente diventa una abitudine, l’impatto di questo problema può avere una vasta portata. Studi scientifici sull’alimentazione emotiva hanno dimostrato che gli individui che si attuano questo tipo di comportamento sono a rischio di sviluppo di problematiche come l’abbuffata o di aumento di peso eccessivo. Al contrario, l’eliminazione dell’alimentazione emotiva negli adulti che attuano una cura comportamentale sembra aiutare la perdita di peso.
L’alimentazione emotiva è un problema che riguarda uomini e donne. Anche i bambini mangiano in risposta alle emozioni, ed è interessante notare che alcuni bambini mangiano in risposta a tutte le emozioni – sia positive che negative. Anche gli adulti concepiscono il cibo come una ricompensa, mangiandone quantità maggiori quando si sentono particolarmente felici. Attraverso uno studio si è dimostrato che bambini e gli adolescenti, dagli 8 ai 18 anni, che assumono cibo in risposta alle emozioni, mangiano mediamente di più rispetto ai loro coetanei che non mangiano in modo meno emotivo.
Mangiare emotivamente, Binge Eating e Ansia
L’alimentazione emotiva e l’abbuffata sono fenomeni distinti ma correlati, due tipi di sovralimentazione. Mangiare emotivamente significa assumere cibo in risposta a una qualsiasi emozione positiva o negativa. Questo potrebbe significare scegliere di mangiare un’intera vaschetta di gelato al posto di un semplice cono quando ci si sente depressi o si celebra un evento. Oppure fare uno spuntino con un sacchetto di pretzel quando ci si trova sotto stress prima di un meeting con il proprio capo.
Mangiare in risposta alle emozioni può trasformarsi in un vero e proprio episodio di abbuffata patologica. Ma perché l’evento venga considerato un’abbuffata, esso deve comportare la perdita di controllo sul cibo (cioè, quando non si riesce a smettere di mangiare una volta che si è iniziato) e il consumo di una grande quantità di cibo (cioè, la quantità deve essere più grande di quanto una persona normale mangerebbe).
Gli episodi di abbuffata ricorrenti riflettono un problema che potrebbe raggiungere la soglia per effettuare una diagnosi di disordine alimentare; tuttavia, anche se episodi di alimentazione emotiva ricorrenti dovrebbero essere degni di attenzione, non necessariamente riflettono la presenza di un vero problema alimentare. Se l’alimentazione emotiva si verifica nel contesto di un disturbo d’ansia (come il disturbo d’ansia generalizzato) o di un problema di umore (come la depressione), è probabile che esso migliori con il trattamento di queste condizioni.
Ci sono due disturbi alimentari caratterizzati dagli episodi di binge eating: il binge eating disorder e la bulimia nervosa. Nel caso del primo, l’abbuffata si verifica almeno una volta alla settimana per diversi mesi senza la presenza di azioni compensative per eliminare le calorie ingerite. Nella bulimia nervosa invece il binge eating è tipicamente seguito da un qualche tipo di comportamento di “smaltimento” o purging. Esiste una ricerca che supporta il legame tra gli stati emotivi negativi e l’insorgenza di binge eating nelle persone con entrambi i tipi di disturbi alimentari.
Si sa meno sul legame tra ansia e binge eating rispetto al rapporto tra umore depresso e binge eating. Una teoria sul rapporto tra le due posizioni stabilisce che gli individui con un’elevata sensibilità all’ansia tendono a mangiare come meccanismo di evitamento. Questo potrebbe essere il caso anche per l’alimentazione emotiva. La ricerca ha anche dimostrato che alcune persone riducono i loro livelli di ansia dopo le abbuffate. I disturbi d’ansia possono coesistere con il disturbo da abbuffata, con un tasso di prevalenza del 37%. In genere, i disturbi d’ansia precedono l’insorgenza di un disturbo alimentare.
Valutare il modo in cui mangiate
Per determinare se l’alimentazione emotiva è un problema per voi, considerate le vostre risposte a quanto segue:
Quante volte mangio quando non ho fame? In quei momenti, mangio per mettere a tacere o ignorare i sentimenti scomodi?
Mangio per fare qualcosa quando sono annoiato?
Quanto spesso mangio troppo quando sono con altre persone perché mi sento ansioso o ho paura di essere giudicato, o perché altrimenti mi sento in imbarazzo o perchè mi sento male con me stesso?
Quanto varia il mio peso nei periodi di stress intenso e di emozioni negative? Questa fluttuazione è solitamente un aumento di peso? E se sì, quanto è significativo questo aumento?
Vero o falso
Quando torno a casa dopo una lunga e stressante giornata di lavoro, la prima cosa che faccio è aprire il frigorifero, il freezer o la dispensa.
Se mi sento frustrato con i miei figli, è probabile che io mangi di più o che mi “conceda” il cibo preferito.
Preferisco mangiare quando sono arrabbiato con il mio partner piuttosto che parlare del conflitto con lui.
Se mi sento giù, mi piace mangiare da solo (cioè lontano dagli altri) finché non mi sento meglio.
Se le vostre risposte alla maggior parte delle domande/dichiarazioni di cui sopra indicano che mangiate regolarmente in modo emotivo, allora varrà la pena di effettuare un certo autocontrollo per valutare meglio la situazione. Imparate come tenere un registro alimentare e scoprite alcune applicazioni per smartphone che possono semplificare questo processo per voi.
Suggerimenti per arginare l’alimentazione emotiva
Se la vostra autovalutazione rivela che state mangiando più del dovuto in risposta alle vostre emozioni, ci sono diversi modi per iniziare a lavorare per cambiare questo comportamento.
1. Identificate i segnali. Utilizzate un diario di alimentazione (come il diario alimentare descritto precedentemente) per tenere traccia degli stimoli alimentari emotivi nel corso di diverse settimane. Prendetevi il tempo necessario per analizzare i vostri schemi e risolvere i problemi che emergono. Ad esempio, se notate che tendete a mangiare a causa della rabbia dopo le riunioni di famiglia o quando qualcuno vi ha detto qualcosa di offensivo, pensate ad un gioco da fare prima della vostra prossima riunione familiare. Chiedete al vostro partner di darvi una mano se avete bisogno di sfogare la vostra frustrazione, o preparate in anticipo quello che potreste dire al vostro familiare per sentirvi meglio.
2. Trovate altri sbocchi per le emozioni negative che vi portano a mangiare. Una volta fatto questo, potete esercitarvi ad esprimere o a sfogare quelle emozioni in modo più sano. L’esercizio fisico può, ad esempio, fornire uno sfogo all’ansia e una spinta per contrastare il malumore. Calmare il respiro può alleviare la rabbia o la preoccupazione. La conversazione con gli altri, l’uso dei social media o attività mentali coinvolgenti (come i cruciverba o la pianificazione di viaggi) potrebbero combattere la noia.
3. Accettare che i sentimenti spiacevoli si manifestano. Non è realistico immaginare che le emozioni positive domineranno il vostro paesaggio emotivo per sempre. Imparate ad aspettarvi e ad accettare i sentimenti negativi e diventate curiosi, scoprite il loro significato. Per rendere i vostri sentimenti più tollerabili, imparate ad allontanarvi dai miti che riguardano le emozioni e dall’auto giudizio più severo. Imparate a creare una certa distanza tra voi e le convinzioni che perpetuano i sentimenti negativi.
4. Mantenere uno schema alimentare regolare. Per quanto possa essere allettante saltare la cena dopo un pomeriggio di spuntini emotivi, è molto probabile che questo vi metta a rischio di mangiare troppo il giorno successivo. Impegnatevi invece a consumare tre pasti e un paio di spuntini ogni giorno, senza eccezioni. Potete scegliere di consumare un pasto “più piccolo” o “più leggero” dopo un episodio di alimentazione emotiva, se lo desiderate, ma fate attenzione all’impatto che questo ha sull’assunzione di cibo per il resto della giornata.
5. Esercitate la pazienza. Quando notate l’insorgere di un desiderio alimentare emotivo, cercate di monitorare la forza di tale desiderio per qualche minuto… e poi qualche minuto in più, magari prima e dopo un’attività che distrae (non il mangiare). Aspettate abbastanza a lungo e probabilmente vedrete il picco del desiderio che poi diminuirà, il tutto senza aver ceduto ad esso. Esercitate la vostra pazienza durante tutto questo processo, perché questo è un lavoro duro e richiede pratica.
Mentre implementate queste strategie, prendete nota anche del ruolo che le emozioni positive giocano nel vostro modo di mangiare. Sforzatevi di creare un sistema di ricompensa non legato al cibo per voi stessi – questo aiuterà a togliere il cibo dalla vostra mente, sarà un modo per calmarvi e gestire voi stessi. Lasciate che il cibo sia una questione di nutrimento.
Per ricevere un ulteriore aiuto
Se avete difficoltà a cambiare il vostro comportamento alimentare da soli, allora è il momento di chiedere aiuto all’esterno. A seconda delle circostanze, questo potrebbe comportare un trattamento per curare un’ansia di fondo o un problema di umore. Oppure potreste far valutare il vostro problema alimentare da uno specialista di disturbi alimentari (possibilmente uno psichiatra, uno psicologo, un dietologo o un medico di base). Il vostro medico di base può essere utile nel fornire delle indicazioni per una valutazione psichiatrica, così come le risorse locali per un trattamento a basso costo.